Bruxelles, Belgio – In un momento cruciale per il futuro dell’Unione Europea, Mario Draghi ha presentato a Bruxelles il suo atteso rapporto sulla competitività, un documento di 400 pagine che rappresenta una vera e propria chiamata alle armi per le istituzioni comunitarie e i governi nazionali, esortandoli a intraprendere azioni decisive e coraggiose per evitare il declino economico del Vecchio Continente di fronte alla crescente concorrenza globale.
L’ex presidente della Banca Centrale Europea e già primo ministro italiano non usa mezzi termini nel descrivere la gravità della situazione, sottolineando come l’Europa si trovi di fronte a una vera e propria sfida esistenziale che richiede un cambio di passo radicale nelle politiche economiche e negli investimenti strategici per mantenere la propria rilevanza sulla scena mondiale e preservare il modello sociale europeo.
“Le famiglie dell’Ue forniscono ampi risparmi per finanziare maggiori investimenti, ma al momento questi risparmi non vengono incanalati in modo efficiente in investimenti produttivi. Nel 2022, i risparmi delle famiglie dell’Ue erano pari a 1.390 miliardi di euro rispetto agli 840 miliardi di euro degli Stati Uniti. Tuttavia, nonostante i loro maggiori risparmi, le famiglie dell’Ue hanno una ricchezza notevolmente inferiore rispetto alle loro controparti statunitensi, in gran parte a causa dei rendimenti inferiori che ricevono dai mercati finanziari sui loro asset in portafoglio”
Il cuore pulsante del rapporto Draghi è rappresentato dalla necessità impellente di mobilitare risorse finanziarie su una scala senza precedenti nella storia recente dell’integrazione europea: secondo le stime presentate, per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di competitività, sostenibilità e sicurezza che l’Unione si è prefissata, sarebbero necessari investimenti aggiuntivi annui per almeno 750-800 miliardi di euro, una cifra che equivale a circa il 4,5% del PIL comunitario e che supera di gran lunga gli sforzi profusi nel dopoguerra con il celebre Piano Marshall.
Questa proposta di investimenti massicci, che Draghi paragona esplicitamente al programma di ricostruzione post-bellica finanziato dagli Stati Uniti, mira a colmare il crescente divario di produttività e innovazione che separa l’Europa dalle altre grandi potenze economiche globali, in particolare Stati Uniti e Cina, le cui economie hanno mostrato negli ultimi decenni tassi di crescita nettamente superiori a quelli europei, erodendo progressivamente la competitività delle imprese del Vecchio Continente sui mercati internazionali.
“Ue sta entrando nel primo periodo della sua storia recente in cui la crescita non sarà sostenuta dall’aumento della popolazione, ma per decarbonizzare e digitalizzare l’economia servirà un aumento di investimenti del 5 per cento del Pil, come negli anni ’60-’70”, ricorda Draghi. “Entro il 2040, si prevede che la forza lavoro si ridurrà di quasi 2 milioni di unita’ all’anno. Dovremo puntare maggiormente sulla produttività per guidare la crescita. Se l’Ue dovesse mantenere il suo tasso medio di crescita della produttività dal 2015, sarebbe sufficiente solamente a mantenere il Pil costante fino al 2050, in un momento in cui l’Ue si trova ad affrontare una serie di nuovi investimenti che dovranno essere finanziati attraverso una crescita più elevata“
Il rapporto individua tre aree prioritarie su cui concentrare questi massicci investimenti: l’innovazione tecnologica, con particolare attenzione all’intelligenza artificiale e alle tecnologie digitali avanzate; la transizione energetica e la decarbonizzazione dell’economia, per fare dell’Europa un leader globale nella lotta al cambiamento climatico; e il rafforzamento delle capacità di difesa e sicurezza, in un contesto geopolitico sempre più instabile e minaccioso.
Draghi non si limita tuttavia a invocare maggiori risorse finanziarie, ma propone anche una profonda revisione dei meccanismi decisionali e delle strutture di governance dell’Unione, suggerendo di ridurre il ricorso al principio dell’unanimità che spesso paralizza l’azione comunitaria, di promuovere nuove forme di cooperazione rafforzata tra gruppi di Stati membri più ambiziosi, e di esplorare la possibilità di emettere debito comune europeo per finanziare progetti strategici di interesse continentale.
Il monito lanciato dall’ex banchiere centrale è chiaro e drammatico: senza un’azione decisa e coordinata a livello europeo, il Vecchio Continente rischia di scivolare in una “lenta agonia” economica e geopolitica, perdendo progressivamente peso e influenza sulla scena mondiale e vedendo erosi i fondamenti del suo modello sociale ed economico.
“Il destino che l’Europa si trova di fronte nel caso in cui non intervenga adeguatamente è quello di una lenta agonia. Non è un momento fai così o muori: è un momento fai così oppure è una lenta agonia”
Le proposte contenute nel rapporto Draghi sono destinate a suscitare un acceso dibattito nelle capitali europee e nelle istituzioni di Bruxelles, dove non mancheranno resistenze e perplessità di fronte alla prospettiva di un così massiccio aumento degli investimenti comuni e di una ulteriore cessione di sovranità nazionale in ambito economico e fiscale; tuttavia, la statura dell’autore e l’urgenza della situazione descritta nel documento potrebbero fornire la spinta necessaria per superare le tradizionali divisioni e avviare una nuova fase dell’integrazione europea, più ambiziosa e orientata al futuro.