Sardegna, ritorna l’incubo della lingua blu con 360 focolai

La Sardegna si trova nuovamente ad affrontare l’emergenza della lingua blu, con 360 focolai segnalati. Questa malattia, che ha devastato gli allevamenti ovini dell’isola nei primi anni 2000, torna a minacciare il settore zootecnico sardo, riaccendendo timori e preoccupazioni.
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La Sardegna si trova ancora una volta a fronteggiare l’incubo della lingua blu, una malattia infettiva che colpisce i ruminanti e che ha segnato profondamente la storia recente dell’allevamento ovino nell’isola. Secondo gli ultimi dati, sono stati rilevati 360 focolai, di cui 94 già confermati e 266 sospetti. Questa notizia ha riacceso i timori nel settore zootecnico sardo, riportando alla memoria i drammatici eventi dei primi anni 2000.

La maggior parte dei focolai si ritrovano nel Sulcis e nel Nuorese (81 tra 26 confermati e 55 nel sud ovest dell’Isola e 4 confermati e 77 sospetti a Nuoro), poi l’Oristanese con 65 focolai (2 gli allevamenti dove è stata confermata la presenza del virus con 51 capi morti e 63 sospetti) e in fine la Gallura con 49 (41 attivi e 8 sospetti). Nel Cagliaritano i focolai invece sono 34 (tutti sospetti da confermare), 32 nel Medio Campidano (18 attivi e 14 sospetti), 17 in Ogliastra (2 attivi e 15 sospetti) e solo 1 confermato nel Sassarese.

Cos’è la Lingua Blu? La lingua blu, nota anche come febbre catarrale degli ovini o bluetongue, è una malattia infettiva non contagiosa che colpisce principalmente gli ovini, ma può interessare anche bovini e caprini. Il nome deriva da uno dei suoi sintomi caratteristici: l’ingrossamento e la colorazione bluastra della lingua degli animali colpiti. La malattia è causata da un virus del genere Orbivirus e viene trasmessa da insetti ematofagi del genere Culicoides, piccoli moscerini attivi principalmente nelle ore notturne.

Quali sono i sintomi della Lingua Blu? I sintomi della lingua blu possono essere particolarmente gravi negli ovini. Oltre all’edema della lingua, gli animali colpiti possono presentare febbre alta, difficoltà respiratorie, ulcerazioni nella bocca, zoppie e lesioni podali. Nei casi più gravi, la malattia può portare alla morte dell’animale. Bovini e caprini, invece, tendono a sviluppare forme più lievi o addirittura asintomatiche della malattia, ma possono fungere da serbatoi del virus.

La Sardegna ha vissuto la sua esperienza più drammatica con la lingua blu tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000. L’epidemia che colpì l’isola in quel periodo fu devastante per il settore ovino, cuore pulsante dell’economia agricola sarda.

Nel biennio 2000-2001, la prima ondata epidemica causò la morte o l’abbattimento di circa 300.000 capi. Questo evento ebbe un impatto devastante non solo sul piano economico, ma anche su quello sociale e psicologico per molti allevatori sardi. La malattia si diffuse rapidamente, favorita dalle condizioni climatiche e dalla presenza del vettore Culicoides imicola.

Le conseguenze di quell’epidemia furono di vasta portata. Oltre alle perdite dirette di capi ovini, il settore dovette affrontare restrizioni nei movimenti degli animali e un calo significativo nella produzione di latte e formaggi. L’impatto economico fu tale da richiedere interventi straordinari da parte delle autorità regionali e nazionali per sostenere gli allevatori colpiti.

Il ritorno della lingua blu con 360 focolai segnalati rappresenta una seria preoccupazione per il settore zootecnico sardo; tuttavia, l’esperienza accumulata negli anni passati e i progressi nella prevenzione e nel controllo della malattia offrono motivi di cauto ottimismo.