Corte UE, Apple deve restituire 13 miliardi di aiuti illegali dell’Irlanda

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso una sentenza storica, confermando che gli accordi fiscali tra Apple e l’Irlanda costituivano aiuti di Stato illegali.
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Bruxelles, Belgio – In una giornata che passerà alla storia come un punto di svolta nelle relazioni tra le multinazionali tecnologiche e l’Unione Europea, la Corte di Giustizia UE ha emesso una sentenza definitiva che getta nuova luce sugli accordi fiscali tra Apple e l’Irlanda, definendoli “aiuti di Stato illegali” e ordinando al colosso di Cupertino di restituire la astronomica cifra di 13 miliardi di euro in tasse arretrate. Questa decisione, che giunge al termine di una battaglia legale durata un decennio, non solo rappresenta una vittoria significativa per l’Antitrust europeo guidato da Margrethe Vestager, ma solleva anche importanti questioni sulla competitività fiscale all’interno dell’Unione e sul ruolo delle grandi aziende tecnologiche nell’economia europea.

La controversia, che ha avuto inizio nel lontano 2014, ruota attorno a una serie di accordi fiscali stipulati tra Apple e il governo irlandese, che avrebbero permesso al gigante tecnologico di godere di aliquote fiscali estremamente vantaggiose, pari a meno dell’1% rispetto al 12,5% previsto dalla normativa irlandese. Questi accordi, in vigore dal 2003 al 2014, hanno consentito ad Apple di convogliare gran parte dei suoi profitti europei attraverso l’Irlanda, beneficiando di un regime fiscale particolarmente favorevole che ha sollevato non poche perplessità tra gli altri Stati membri dell’Unione Europea, i quali si sono sentiti danneggiati da quella che è stata percepita come una concorrenza fiscale sleale.

L’impatto di questi accordi fiscali preferenziali si estende ben oltre i confini irlandesi, creando un effetto domino che ha influenzato l’intero panorama economico europeo: mentre l’Irlanda attirava investimenti e posti di lavoro grazie a queste politiche fiscali aggressive, gli altri Stati membri dell’UE si sono trovati in una posizione di svantaggio competitivo, incapaci di offrire condizioni altrettanto allettanti alle grandi multinazionali. Questa disparità ha non solo distorto il mercato unico europeo, ma ha anche privato gli altri paesi di entrate fiscali significative che avrebbero potuto essere investite in servizi pubblici, infrastrutture e programmi di sviluppo economico, creando così un divario sempre più ampio tra le economie degli Stati membri e minando il principio di solidarietà su cui si fonda l’Unione Europea.

La decisione della Corte di Giustizia UE rappresenta quindi un momento di svolta cruciale, non solo per Apple e l’Irlanda, ma per l’intera architettura fiscale europea: affermando che tali accordi costituiscono aiuti di Stato illegali, la Corte ha di fatto posto un freno a pratiche fiscali aggressive che, sebbene formalmente legali, hanno avuto l’effetto di minare la coesione economica dell’Unione. Questa sentenza potrebbe quindi aprire la strada a una revisione più ampia delle politiche fiscali all’interno dell’UE, spingendo verso una maggiore armonizzazione e trasparenza che potrebbe ridurre le disparità tra gli Stati membri e creare un ambiente economico più equo e competitivo per tutte le imprese, grandi e piccole.

La reazione di Apple alla sentenza è stata di profonda delusione, con l’azienda che ha ribadito di aver sempre pagato tutte le tasse dovute e di non aver mai beneficiato di accordi speciali. Tuttavia, questa affermazione contrasta nettamente con le conclusioni della Corte, che ha evidenziato come il trattamento fiscale riservato ad Apple in Irlanda fosse di fatto un aiuto di Stato mascherato, progettato per attrarre e mantenere gli investimenti del colosso tecnologico nel paese, a discapito degli altri membri dell’Unione Europea.

La sentenza solleva inoltre interrogativi più ampi sul ruolo delle grandi aziende tecnologiche nell’economia globale e sulla loro responsabilità fiscale: in un’era in cui i giganti del tech generano profitti enormi operando su scala transnazionale, la questione di come tassare equamente queste entità diventa sempre più pressante e complessa. La decisione della Corte di Giustizia UE potrebbe quindi rappresentare un precedente importante, spingendo verso una ridefinizione delle regole fiscali internazionali che tenga conto della natura globalizzata dell’economia digitale e garantisca una distribuzione più equa del carico fiscale tra paesi e aziende.