“Vostra madre è radioattiva per il vaccino anti Covid”, papà no vax a processo

Un padre no-vax di Bergamo è sotto processo per maltrattamenti psicologici verso i figli adolescenti. L’uomo avrebbe convinto i ragazzi che la madre fosse “radioattiva” dopo aver ricevuto il vaccino anti-Covid, causando gravi tensioni familiari.
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Bergamo, Italia – Nel tribunale di Bergamo si sta svolgendo un processo che getta luce su un caso di estrema manipolazione familiare, intrisa di teorie complottiste e ideologie no-vax. Un padre 48enne è accusato di maltrattamenti psicologici nei confronti dei suoi due figli adolescenti, di 16 e 13 anni, per aver instillato in loro la convinzione che la madre fosse diventata “radioattiva” dopo aver ricevuto il vaccino contro il Covid-19.

La vicenda, che ha avuto inizio nel periodo della pandemia, ha portato a conseguenze devastanti per l’equilibrio familiare. Secondo le testimonianze emerse durante il processo, i ragazzi, influenzati dalle parole del padre, avrebbero iniziato a evitare ogni contatto con la madre, arrivando persino a manifestazioni di violenza fisica. “Non venivano più a tavola con me. Se mi sedevo sul divano mi spingevano via con calci e pugni”, ha dichiarato la donna, descrivendo un quadro di profonda alienazione affettiva.

L’imputato, che ha già perso la responsabilità genitoriale ed è soggetto a un divieto di avvicinamento dal mese di agosto, avrebbe non solo alimentato paure irrazionali nei figli, ma anche tentato di “curarli” con metodi alternativi e privi di fondamento scientifico. Tra questi, l’uso di una presunta “acqua magica”, rivelando un approccio pericolosamente distante dalla medicina convenzionale.

Il caso ha assunto contorni ancora più inquietanti quando è emerso che il padre si paragonava ai personaggi del film “Matrix”, sostenendo di possedere capacità di veggenza e di essere in grado di discernere una realtà nascosta ai più. Questo atteggiamento ha contribuito a creare un’atmosfera di paranoia e sfiducia all’interno del nucleo familiare, con i figli che sono stati indotti a vedere la madre come una minaccia alla loro salute.

Le autorità giudiziarie hanno dovuto intervenire in maniera decisa per tutelare il benessere psicofisico dei minori coinvolti. I due ragazzi hanno trascorso tre anni in comunità, un periodo necessario per iniziare un percorso di recupero e allontanarsi dall’influenza nociva delle convinzioni paterne.

Questo processo solleva interrogativi profondi sulla diffusione delle teorie del complotto e sull’impatto che queste possono avere sulla stabilità familiare e sul benessere dei minori. La vicenda di Bergamo non è un caso isolato, ma rappresenta un esempio estremo di come la disinformazione e il rifiuto della scienza possano portare a conseguenze drammatiche sul piano personale e sociale.

Mentre il procedimento giudiziario segue il suo corso, resta aperta la questione di come la società possa affrontare e prevenire situazioni simili, bilanciando il diritto alla libertà di pensiero con la necessità di proteggere i più vulnerabili da manipolazioni potenzialmente dannose. Il caso bergamasco potrebbe diventare un precedente importante nella giurisprudenza italiana, aprendo nuovi dibattiti sulla responsabilità genitoriale nell’era della post-verità e dei social media.