Nel panorama sempre più complesso dell’educazione e della genitorialità, emerge con forza la voce critica e autorevole dello psichiatra Paolo Crepet, che non esita a puntare il dito contro quella che definisce una vera e propria emergenza sociale: l’inadeguatezza dei genitori quarantacinquenni di oggi. Le sue parole, taglienti come lame, descrivono una generazione di adulti che sembra aver smarrito il senso profondo della responsabilità genitoriale, compromettendo irrimediabilmente il futuro dei propri figli.
Crepet, con la sua consueta franchezza, dipinge un quadro a tinte fosche di questi genitori, descrivendoli come figure immature e incapaci di assumersi il ruolo di guida che compete loro. “Ci sono genitori che sono più adolescenti dei loro figli”, tuona lo psichiatra, evidenziando un paradosso generazionale che mina alle fondamenta il processo educativo. Questa inversione di ruoli, secondo l’esperto, non è solo un sintomo di disagio, ma la causa primaria di un malessere che si propaga come un’onda d’urto attraverso le giovani generazioni.
La critica di Crepet si fa ancora più aspra quando affronta il tema della gestione del rapporto con i figli. “Vogliono essere più giovani dei loro figli”, accusa, descrivendo scene quasi grottesche di genitori e figli indistinguibili, accomunati da un’apparenza e da comportamenti che cancellano ogni distinzione generazionale. Questa ricerca ossessiva di una giovinezza eterna da parte degli adulti non solo li priva della necessaria autorevolezza, ma priva i giovani di quel “capitano” di cui hanno disperatamente bisogno per navigare le acque tempestose dell’adolescenza.
Lo psichiatra non risparmia critiche nemmeno all’approccio educativo di questi genitori, che sembrano aver abdicato completamente al loro ruolo di guida. “L’educazione non è democratica”, afferma perentoriamente Crepet, sottolineando come il tentativo di instaurare un rapporto paritario con i figli sia non solo fallimentare, ma profondamente dannoso. Questa rinuncia all’autorità genitoriale, secondo l’esperto, si traduce in una generazione di “piccoli Buddha”, bambini e ragazzi a cui viene concesso di decidere su tutto, dalle vacanze alle più banali questioni quotidiane.
Il risultato di questa abdicazione educativa è, agli occhi di Crepet, devastante. Descrive bambini incapaci di gestire la frustrazione, che “urlano come dei scuoiati vivi” alla minima contrarietà, e adolescenti privi di quella spinta interiore necessaria per affrontare le sfide della vita. La mancanza di limiti e di “no” durante l’infanzia si traduce in una generazione fragile, impreparata ad affrontare le inevitabili difficoltà dell’esistenza.
Crepet non si limita a una sterile critica, ma lancia un appello accorato ai genitori: riscoprite il coraggio di dire “no”, di porre limiti, di essere guide autorevoli per i vostri figli. Solo attraverso una genitorialità consapevole e matura, sostiene lo psichiatra, si può sperare di invertire questa tendenza e di crescere una generazione capace di affrontare le sfide del futuro con resilienza e determinazione.
Le parole di Paolo Crepet suonano come un campanello d’allarme per una società che sembra aver smarrito i fondamenti dell’educazione. Il suo j’accuse contro i genitori quarantacinquenni di oggi non è solo una critica, ma un invito a una profonda riflessione sul significato dell’essere genitori nel XXI secolo. Solo attraverso una presa di coscienza collettiva e un ritorno a una genitorialità responsabile e autorevole, sembra suggerire Crepet, sarà possibile salvare le nuove generazioni da un futuro di fragilità e inadeguatezza.