L’utilità di comunicare attraverso Internet in caso di disastri e calamità naturali è ormai ovvia. Quello che rimane da chiarire è come assicurare la possibilità di connettersi, quando spesso tutte le linee di comunicazione, rete compresa, vengono a mancare. È questo l’obiettivo di “Disaster Mesh”, progetto ideato da tre ragazze statunitensi per portare e diffondere la rete sul luogo di calamità naturali in modo da consentire l’individuazione delle vittime e organizzare i soccorsi.
Il sistema ideato da Margaux Giles, Katelyn Dunn e Karla Dana, tre studentesse statunitensi, sfrutta le reti “mesh”, ovvero una rete a maglie costituita da un gran numero di nodi che fungono da ricevitori, trasmettitori e ripetitori creandoun’area wireless. Il vantaggio di un simile sistema è che si tratta di un’infrastruttura decentralizzata, che non ha bisogno di server centrali – quindi in grado funzionare nel caso in cui la rete dovesse crollare a causa di un uragano, un terremoto o un altro disastro – ed è inoltre molto adattabile e resistente, dal momento che ogni nodo deve solamente trasmettere un segnale al massimo fino al nodo successivo. Ogni utente, dunque, non si limita ad agganciarsi alla rete, ma diventa un nodo della stessa, contribuendo al suo funzionamento.
Sfruttando dunque le mesh networks, le tre ragazze hanno pensato di ideare un piccolo congegno da usare come punto di accesso WiFi – un nodo della rete – da distribuire, lanciandolo da un aereo sull’area interessata dal disastro, permettendo così ai sopravvissuti di connettersi attraverso i propri dispositivi smartphone entro 30 metri dal punto di accesso.
Il design del nodo di rete di Disaster Mesh è basato sulla sulla biomimetica, la scienza che studia i processi biologici e biomeccanici della natura: la forma è quella dei semi di acero, che fluttuano dolcemente nell’area con un movimento elicoidale. Così ci si è assicurati che il congegno, lanciato in diversi esemplari sul luogo del disastro da un elicottero, un aeroplano, o anche un drone, tocchi terra senza danneggiarsi e distribuendosi su una superficie abbastanza ampia da creare immediatamente una grande rete mesh funzionante.
Una volta connessi, i superstiti sono immediatamente rimandati a una schermata con sei caselle, che rimandano immediatamente a diverse situazioni di emergenza permettendo di organizzare i soccorsi: “sono intrappolato”, “ho bisogno di aiuto medico”, “ho bisogno di un rifugio”, “ho bisogno di acqua”, “ho bisogno di cibo”, oppure semplicemente “sto bene, continua su internet”. Quando una persona fa click su una di queste opzioni, le informazioni raccolte e le coordinate Gps vengono organizzate e distribuite alle organizzazioni di soccorso, che sanno così come e dove intervenire e come allocare le risorse disponibili.
L’idea è venuta alle tre ragazze durante l’Exponential Youth Camp alla Singularity University, a programma estivo dedicato ai giovani, dove si sono incontrate, che incoraggia i leaders del futuro a imparare le nuove tecnologie e l’impatto che queste possono avere sul mondo. Il progetto finale è stato il punto di inizio per Disaster Mesh: è lì che le tre studentesse, a partire dall’idea iniziale di garantire un collegamento internet sui luoghi dei disastri per facilitare i soccorsi, hanno imparato tutto quello che c’era da sapere per rendere il loro progetto reale. Il prototipo costa circa 20 euro ed è alimentato a batteria e pannelli solari, permettendo così il funzionamento del punto wifi più a lungo rispetto alla sola alimentazione a batteria, inevitabilmente destinata a scaricarsi nel giro di alcune ore. E grazie a questo doppio sistema, può essere usato anche per ricaricare il cellulare.
fonte: http://www.lastampa.it/2014/12/31/scienza/ambiente/focus/calamit-naturali-adesso-c-disaster-mesh-per-portare-la-rete-dove-non-c-v3tr34e4i7s2EQT3XnI8TM/pagina.html