Il 26 marzo 2024, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legislativo che introduce i test psicoattitudinali come requisito per l’accesso alla professione di magistrato in Italia. Questa decisione rappresenta un punto di svolta significativo nella selezione dei futuri magistrati, segnando un cambiamento radicale rispetto alle procedure tradizionali basate principalmente su prove scritte e orali.
La proposta, inizialmente invocata da figure politiche come Silvio Berlusconi e successivamente portata avanti dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, mira a valutare la stabilità emotiva, l’empatia e il senso di responsabilità dei candidati, considerati aspetti cruciali per l’esercizio della professione giudiziaria. Nonostante l’intento dichiarato di migliorare la qualità della magistratura e di accelerare le procedure concorsuali, la decisione ha suscitato reazioni contrastanti all’interno del mondo giuridico e politico.
L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso sconcerto e preoccupazione, ritenendo che l’introduzione di questi test possa essere contraria alla Costituzione e temendo che possa incidere sull’autonomia e indipendenza della magistratura. In particolare, l’ANM ha sollevato dubbi sulla natura dei test, sui criteri di valutazione e sulle possibili conseguenze di un esito negativo per i candidati. Alcuni membri dell’ANM hanno anche messo in discussione la legittimità di valutare tratti caratteriali specifici e hanno chiesto una discussione più ampia e inclusiva sul tema.
D’altra parte, sostenitori della riforma, tra cui esponenti di Forza Italia, hanno difeso la necessità dei test psicoattitudinali, sottolineando che simili valutazioni sono comuni in molti altri concorsi pubblici e che la funzione giurisdizionale, data la sua delicatezza, richiede una verifica approfondita dell’attitudine dei candidati. Hanno inoltre rassicurato che non ci sarà alcun approccio punitivo nei confronti dei magistrati e che l’obiettivo è semplicemente garantire la presenza di professionisti adeguatamente preparati e psicologicamente idonei.
La decisione del Consiglio dei ministri apre quindi un nuovo capitolo nella storia della magistratura italiana, segnato da un dibattito acceso e da profonde riflessioni sulle qualità necessarie per esercitare una delle professioni più importanti e delicate dello stato di diritto. Mentre il governo procede con l’attuazione del decreto, rimane da vedere come questa riforma influenzerà il processo di selezione dei magistrati e, più in generale, l’intero sistema giudiziario italiano.