Il film “Gomorra” di Matteo Garrone, tratto dal romanzo omonimo di Roberto Saviano, ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama cinematografico italiano, ma sembra anche essere accompagnato da una sorta di “maledizione” che ha coinvolto diversi attori del cast. Recentemente, Marco Macor, che nel film interpretava l’amico di Ciro, è stato arrestato per truffe agli anziani, portando il numero degli attori coinvolti in procedimenti giudiziari a dieci.
La storia di Marco Macor è emblematica di questo destino inquietante. L’attore, che aveva recitato nel film del 2008, è stato identificato come membro di una banda che si occupava della truffa del maresciallo, una pratica odiosa che ha portato il gruppo a raccogliere oltre 700.000 euro in due anni. Macor aveva il compito di citofonare alle vittime e raccogliere il denaro consegnato, utilizzando il nome in codice “Caff”. Oltre a lui, anche il fratello Alberto è stato arrestato, e i due sono cugini di Giuseppe Macor, figura nota nel quartiere napoletano di Forcella.
Prima di Macor, altri attori del film erano già finiti in carcere per vari crimini. Bernardino Terracciano, che interpretava un killer, è stato condannato all’ergastolo per duplice omicidio. Pjamaa Azize e Salvatore Russo sono stati arrestati per spaccio di stupefacenti, attività che avevano anche interpretato sul grande schermo. Anche la serie “Gomorra” non è immune da questi problemi, con attori come Vincenzo Schettino e Carlo Cuccia coinvolti in indagini per droga.
La vicenda di Marco Macor e degli altri attori ha sollevato interrogativi sulla natura del progetto e sul suo impatto sulla realtà. Sebbene il film e la serie abbiano avuto un grande successo, la confusione tra finzione e realtà sembra essere un tema ricorrente, con alcuni attori che sembrano aver adottato stili di vita negativi. Questi eventi hanno alimentato la percezione di una “maledizione” che aleggia intorno a “Gomorra”, un fenomeno che merita una riflessione più approfondita sulle conseguenze della rappresentazione della criminalità organizzata nei media.