Sardegna, la giunta della sinistra ecologista blocca le rinnovabili

La giunta di centrosinistra in Sardegna ha approvato una moratoria sui nuovi impianti di energie rinnovabili, suscitando polemiche. La decisione rischia di ostacolare la transizione energetica e l’indipendenza della regione e dell’Italia dai combustibili fossili.

Cagliari, Sardegna – La recente decisione della giunta regionale sarda, guidata dalla presidente Alessandra Todde e sostenuta da una coalizione di centrosinistra che include Verdi, Sinistra e Movimento 5 Stelle, ha scatenato un acceso dibattito sul futuro energetico dell’isola. Il disegno di legge approvato prevede una sospensione di 18 mesi per la realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare eolico e fotovoltaico.

Questa mossa, presentata come una “misura urgente per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali”, ha sollevato non poche perplessità e critiche. La giustificazione ufficiale è quella di voler contenere il consumo di suolo e tutelare il patrimonio paesaggistico dell’isola, in risposta alle preoccupazioni espresse da amministratori locali e residenti riguardo alla proliferazione di questi impianti.

Tuttavia, il provvedimento rischia di creare un paradossale cortocircuito politico e ambientale. Da un lato, infatti, la coalizione di centrosinistra si è sempre dichiarata favorevole alla transizione ecologica e all’indipendenza energetica da fonti fossili. Dall’altro, questa moratoria potrebbe rallentare significativamente il processo di decarbonizzazione della Sardegna e, di riflesso, dell’Italia.

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È importante sottolineare che attualmente la Sardegna dipende ancora in larga misura dai combustibili fossili per la produzione di energia. Secondo i dati disponibili, circa tre quarti dell’energia prodotta nell’isola deriva da fonti non rinnovabili, con il carbone che contribuisce per il 33% e il gas naturale per il 34%. Le energie rinnovabili, nonostante il potenziale dell’isola, coprono solo una parte minoritaria: l’eolico contribuisce per il 13%, il fotovoltaico per il 9% e l’idroelettrico per un modesto 3%.

La decisione della giunta Todde sembra andare in controtendenza rispetto agli obiettivi nazionali ed europei di transizione energetica. Diverse associazioni ambientaliste, tra cui Legambiente, WWF, Greenpeace e Kyoto Club, avevano precedentemente lanciato un appello affinché la Sardegna diventasse un “laboratorio per la transizione energetica”, sfruttando le sue condizioni ideali per lo sviluppo delle rinnovabili.

Il provvedimento, pur escludendo dalla moratoria gli impianti destinati all’autoconsumo e quelli legati alle comunità energetiche, rischia di frenare investimenti significativi nel settore delle rinnovabili. Questo potrebbe avere ripercussioni non solo sull’indipendenza energetica della regione, ma anche sulle opportunità di sviluppo economico e occupazionale legate alla filiera delle energie pulite.

La decisione ha suscitato reazioni contrastanti anche all’interno del panorama politico regionale. Mentre la maggioranza di centrosinistra ha votato a favore della legge, le opposizioni si sono astenute, definendo il provvedimento “timido e insufficiente”. Questa divisione evidenzia la complessità del dibattito e la difficoltà di trovare un equilibrio tra tutela del paesaggio e sviluppo energetico sostenibile.

Il Gruppo d’Intervento Giuridico (Grig), un’associazione che si batte contro gli abusi dell’eolico in Sardegna, ha calcolato che a settembre 2023 erano state presentate ben 711 istanze di concessione per nuovi impianti. Questo dato sottolinea l’interesse degli operatori del settore per lo sviluppo delle rinnovabili nell’isola, ma anche la necessità di una regolamentazione attenta e bilanciata.

In conclusione, la decisione della giunta sarda solleva interrogativi importanti sul futuro energetico non solo della regione, ma dell’intero paese. Se da un lato la tutela del paesaggio è un valore da preservare, dall’altro la transizione verso fonti energetiche pulite rappresenta una sfida cruciale per il futuro. Il rischio è che questa moratoria, anziché favorire una pianificazione più oculata, finisca per ostacolare il percorso verso l’indipendenza energetica e la sostenibilità ambientale, creando un paradossale conflitto tra diverse istanze ecologiche e politiche.

La sfida per la Sardegna e per l’Italia sarà quella di trovare un equilibrio tra la protezione del patrimonio naturale e la necessaria evoluzione del sistema energetico, garantendo al contempo lo sviluppo economico e la creazione di nuove opportunità lavorative nel settore delle energie rinnovabili.