Palermo, Sicilia – Salvatore Schillaci, universalmente conosciuto come Totò, nato il 1° dicembre 1964 a Palermo, ha rappresentato per l’Italia calcistica molto più di un semplice attaccante: è stato l’incarnazione di un sogno, il simbolo di un’intera nazione che, nell’estate del 1990, si è unita nel tifo e nella speranza di una vittoria mondiale che, purtroppo, non è arrivata. La sua carriera, iniziata nei campi polverosi del quartiere popolare di San Giovanni Apostolo a Palermo, ha preso il volo quando il Messina lo ha ingaggiato nel 1982, dando inizio a una scalata che lo avrebbe portato a diventare uno dei nomi più celebri del calcio italiano degli anni ’90.
Durante i suoi sette anni con il Messina, Schillaci ha dimostrato un talento straordinario e una “voglia di fare gol” che, come ricordato dal suo allenatore Franco Scoglio, non aveva eguali: questa fame di reti lo ha portato a segnare con regolarità impressionante, culminando nella stagione 1988-89 quando, sotto la guida di Zdeněk Zeman, ha realizzato ben 23 gol, diventando capocannoniere della Serie B e attirando l’attenzione dei grandi club. Le sue prestazioni non sono passate inosservate e la Juventus, sempre attenta ai giovani talenti, lo ha acquistato nel 1989, dando inizio alla fase più gloriosa della sua carriera.
Il Mondiale di Italia ’90 ha rappresentato il momento di massimo splendore per Schillaci: partito come riserva, si è guadagnato il posto da titolare a suon di gol decisivi, diventando il capocannoniere del torneo con 6 reti e conquistando anche il titolo di miglior giocatore della competizione. Le sue esultanze, con gli occhi spiritati e le braccia alzate al cielo, sono diventate iconiche, simbolo di un’Italia che sognava la vittoria mondiale in casa propria; nonostante il terzo posto finale degli Azzurri, Schillaci è uscito da quel torneo come un eroe nazionale, tanto da arrivare secondo nella classifica del Pallone d’Oro di quell’anno, alle spalle solo del tedesco Lothar Matthäus.
La carriera di Schillaci, tuttavia, non è stata solo rose e fiori: dopo l’apice raggiunto con la Nazionale, ha vissuto un lento declino che lo ha portato a lasciare la Juventus nel 1992 per passare all’Inter, dove non è riuscito a ripetere i fasti del passato. La sua avventura calcistica si è conclusa con un’esperienza in Giappone, allo Jubilo Iwata, dove ha giocato dal 1994 al 1997, prima di appendere definitivamente gli scarpini al chiodo.
La vita privata di Totò Schillaci è stata altrettanto movimentata quanto la sua carriera sportiva: si è sposato due volte, la prima con Rita Bonaccorso nel 1987, un amore adolescenziale nato quando giocava ancora nel Messina e dal quale sono nati i figli Mattia e Jessica. Dopo la separazione da Rita, ha avuto una relazione con Prisca, madre della sua terza figlia Nicole, seguita da un flirt con Simona Mattioli. Infine, ha trovato stabilità accanto a Barbara Lombardo, con la quale si è risposato dopo dieci anni di frequentazione, stabilendosi definitivamente a Palermo.
Dopo il ritiro dal calcio giocato, Schillaci non si è allontanato completamente dai riflettori: ha partecipato a programmi televisivi, tra cui la seconda edizione de “L’Isola dei Famosi” nel 2004, dove si è classificato terzo, e ha fatto alcune apparizioni in film e serie TV, dimostrando una versatilità che andava oltre il campo da calcio. Nel 2016 ha anche pubblicato un libro autobiografico intitolato “Il gol è tutto”, scritto con l’aiuto di Andrea Mercurio, in cui ha ripercorso la sua straordinaria carriera e vita personale.
Schillaci, indimenticato capocannoniere dei Mondiali del 1990, aveva condiviso la sua esperienza con la malattia durante la partecipazione al reality “Pechino Express” nel 2023, al fianco della moglie Barbara Lombardo. In quella occasione, rivelò di aver ricevuto la diagnosi nel 2022, affrontando due operazioni nel giro di pochi mesi. Nonostante il difficile percorso, Pechino Express rappresentò per lui una “rivincita sulla malattia”, dandogli la forza di superare depressione e paura della morte.
La figura di Totò Schillaci rimarrà per sempre impressa nella memoria collettiva degli italiani, non solo per le sue gesta sportive, ma anche per aver rappresentato il sogno di riscatto di un intero Paese: un ragazzo partito dai quartieri difficili di Palermo che è riuscito a conquistare il mondo del calcio con la sua grinta e il suo talento, diventando un’icona che ha trasceso i confini dello sport per entrare di diritto nella cultura popolare italiana.