Il fast fashion, con la sua enfasi sulla produzione e il consumo rapidi di abbigliamento a basso costo, rappresenta una minaccia significativa per l’ambiente e l’economia dei paesi europei ed in particolar modo per l’Italia, campione della manifattura fino ai primi anni ’90. Questo modello di business, che privilegia la velocità e i costi ridotti a discapito della qualità e della sostenibilità, ha portato a un aumento esponenziale dei rifiuti tessili, con milioni di tonnellate di abbigliamento che finiscono in discarica ogni anno. La produzione di questi capi richiede enormi quantità di acqua e l’uso di sostanze chimiche nocive, che contaminano i corsi d’acqua e danneggiano gli ecosistemi.
L’industria del fast fashion esercita anche una pressione insostenibile sulle risorse naturali e minaccia l’economia dei paesi europei, incentivando un modello di consumo “usa e getta”. Questo riduce la domanda di prodotti di qualità superiore e più duraturi, danneggiando le imprese locali che si impegnano per pratiche più sostenibili. La dipendenza dall’importazione di capi a basso costo da paesi con standard lavorativi e ambientali più bassi mina tutto il comparto lavorativo di paesi come l’Italia che della produzione di abbigliamento ne avevano fatto la leader indiscussa dell’Unione.
Ma, che cos’è il Fast Fashion? Il termine “fast fashion” descrive un modello di business dell’industria della moda che punta alla produzione rapida e a basso costo di capi di abbigliamento, per soddisfare l’ultima tendenza di moda a scapito della qualità e della sostenibilità. Questo approccio ha trasformato radicalmente il modo in cui i consumatori acquistano e considerano i vestiti, ma ha anche portato a conseguenze devastanti per l’economia dei paesi europei ed in particolar moldo dell’Italia.
Il fast fashion non solo esercita una pressione insostenibile sulle risorse naturali, ma minaccia anche l’economia dei paesi europei. La produzione di massa e il basso costo dei capi incentivano un modello di consumo “usa e getta”, che riduce la domanda di prodotti di qualità superiore e più duraturi, danneggiando così le imprese locali che si impegnano per pratiche più sostenibili e che offrono salari adeguati non sfruttando operaie ed operai. Inoltre, la dipendenza dall’importazione di capi a basso costo da paesi con standard lavorativi e ambientali più bassi mina gli sforzi dell’UE per promuovere un’economia circolare e sostenibile
L’Italia, rinomata a livello globale per la sua eccellenza nella manifattura tessile e nella moda di alta qualità, ha risentito profondamente dell’avvento della globalizzazione e del fast fashion. Prima di questi fenomeni, l’industria della moda italiana era celebrata per la sua artigianalità, l’attenzione ai dettagli e l’uso di materiali di alta qualità.
Tuttavia, la pressione esercitata dal fast fashion ha spostato l’attenzione dei consumatori verso prodotti più economici e prodotti in massa, minando la domanda per i capi di alta qualità e artigianali che caratterizzavano l’offerta italiana. Questo ha portato a una riduzione delle opportunità per le piccole e medie imprese italiane, che faticano a competere con i prezzi bassi dei giganti del fast fashion, spesso prodotti in paesi con costi di manodopera significativamente inferiori.
La conseguenza è stata una grave perdita di posti di lavoro nel settore manifatturiero italiano e un danno all’immagine del “Made in Italy”, simbolo di eccellenza e qualità nel mondo. Inoltre, la svalutazione del lavoro artigianale e la diminuzione della produzione locale hanno avuto ripercussioni negative sull’economia italiana, evidenziando la necessità di strategie di sostegno e promozione per le imprese che si impegnano a mantenere vive le tradizioni e la qualità che hanno reso famosa l’Italia nel settore della moda.
Riconoscendo la gravità del problema, l’Unione Europea ha iniziato a mobilitarsi contro il fast fashion, proponendo regole per rendere l’industria tessile più sostenibile. Queste misure mirano a ridurre l’impatto ambientale del settore e a stimolare l’innovazione verso una moda più circolare e responsabile. Tuttavia, il successo di queste iniziative dipenderà in gran parte dall’adozione, da parte dei consumatori europei, di un approccio più consapevole e responsabile nell’acquisto di abbigliamento.
Per rispondere alla discutibile pratica del Fast Fashion, che sta danneggiando gravemente l’economia dell’Unione la Francia ha approvato nuove misure che includono il divieto di pubblicità per tessuti economici e l’istituzione di una tassa sugli articoli a basso prezzo, A partire dal prossimo anno, verrà applicato un sovrapprezzo di 5 euro per ogni articolo, importo che si prevede aumenterà a 10 euro entro il 2030.