La questione degli autovelox non omologati sta assumendo proporzioni significative in Italia, con implicazioni dirette sulla legittimità delle sanzioni per eccesso di velocità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha infatti dato ragione a un automobilista che contestava una multa ricevuta per aver superato di 7 km/h il limite di velocità, evidenziando che l’autovelox in questione non era omologato.
La distinzione tra omologazione e approvazione
Gli autovelox sono dispositivi utilizzati per monitorare la velocità dei veicoli e, in caso di infrazione, per emettere sanzioni. In Italia, esistono due categorie di autovelox: quelli approvati e quelli omologati. Mentre l’approvazione è un processo burocratico che attesta la conformità del dispositivo a determinati standard, l’omologazione è un passaggio ulteriore che certifica la precisione metrologica dell’apparecchio, rendendolo idoneo all’uso sanzionatorio.
Secondo Emanuele Dalla Palma, avvocato e presidente dell’associazione nazionale Migliore Tutela, in Italia non esisterebbe alcun autovelox omologato. Questa affermazione, se confermata, potrebbe invalidare tutte le multe emesse fino ad oggi, poiché gli autovelox, pur essendo strumenti metrici legali, non avrebbero la certificazione metrologica legale richiesta per operare ai fini sanzionatori.
Come riconoscere un autovelox non omologato
Per verificare se un autovelox è omologato, è necessario effettuare un accesso agli atti presso il comune in cui il dispositivo è installato. Attraverso la modulistica fornita dall’amministrazione, si può richiedere la documentazione che attesti l’omologazione dell’autovelox. Se da questa verifica emergesse che il dispositivo non è omologato, l’utente ha la possibilità di presentare ricorso contro la multa ricevuta.
Come fare ricorso
Per fare ricorso ad una multa bisogna inviare una Pec o una raccomandata a/r al Comune che ha emesso la sanzione scrivendo che “In base all’ordinanza 10505/2024 del 18 aprile 2024 l’apparecchiatura è illegittima perché manca l’omologazione Mise” e invitando quindi il Comune ad annullare la sanzione ricevuta con un provvedimento in autotutela (così facendo l’Amministrazione dovrebbe emettere un provvedimento che annulla la sanzione). È importante però che contemporaneamente facciate anche ricorso alla Prefettura di competenza entro 60 giorni dall’avvenuta notifica chiedendo l’annullamento del verbale, con raccomandata a/r o Pec allegando: copia della sanzione, la ricevuta della notifica, copia della mail di richiesta di annullamento che avete inviato al Comune e copia del vostro documento d’identità. Se le richieste venissero disattese, potete rivolgervi entro 30 giorni via telematica al giudice di pace. Così facendo verrà aperto un contenzioso chiamando in causa il Comune o chi ha installato l’apparecchio.
Le conseguenze per le amministrazioni
La questione non è di poco conto, considerando che nel 2022 gli incassi derivanti dalle multe per eccesso di velocità hanno raggiunto i 547 milioni di euro, con un incremento del 37% rispetto all’anno precedente. Una potenziale invalidazione di massa delle multe potrebbe quindi avere un impatto significativo sulle finanze delle amministrazioni locali.
La posizione delle istituzioni
La negligenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit), che non avrebbe verificato l’omologazione degli autovelox da parte del Ministero dello Sviluppo Economico (ora Ministero dell’Industria e del Made in Italy), è stata denunciata da Dalla Palma, ma senza ricevere risposta. La situazione attuale potrebbe quindi essere il risultato di una lunga sottovalutazione del problema da parte delle istituzioni.
In conclusione, la sentenza della Cassazione apre una nuova fase nel dibattito sugli autovelox in Italia, con possibili ripercussioni su tutti i livelli: dalla validità delle multe alla necessità di una revisione del sistema di omologazione e controllo dei dispositivi di rilevamento della velocità.