Ferragni, tra svendite e pubblicità indesiderata: il declino dell’impero non si arresta

L’impero di Chiara Ferragni continua a vacillare: dalla chiusura del negozio milanese alla svendita dei quaderni a 1 euro, passando per la fuga dei grandi marchi.

Italia – Il mondo dorato di Chiara Ferragni sembra perdere sempre più la sua lucentezza. L’influencer cremonese, un tempo regina incontrastata dei social media e del marketing digitale, si trova ora ad affrontare una serie di sfide che mettono a dura prova il suo impero commerciale e la sua reputazione.

Il colpo più recente e visibile è stata la chiusura del flagship store in via Capelli a Milano. Inaugurato nel luglio 2017 con grande clamore mediatico, il negozio era diventato un simbolo tangibile del successo del brand Ferragni. Situato strategicamente tra Corso Como e Piazza Gae Aulenti, in una zona che ambiva a diventare la seconda via della moda dopo Monte Napoleone, il punto vendita ha resistito per sette anni prima di abbassare definitivamente le saracinesche.

La chiusura non è stata accompagnata da comunicazioni ufficiali, ma gli scaffali vuoti e il portone sbarrato parlano da soli. Questo epilogo potrebbe essere il risultato di una combinazione di fattori: costi di gestione elevati, entrate incerte e, non ultimo, il danno d’immagine subito dal brand a seguito delle recenti controversie.

Un altro segnale preoccupante è emerso recentemente nei supermercati, dove i quaderni brandizzati Chiara Ferragni sono stati avvistati in vendita al prezzo stracciato di 1 euro. Questa svendita, che ha fatto rapidamente il giro dei social media, è stata interpretata da molti come un ulteriore indizio della crisi che sta attraversando il marchio.

La linea scuola, che in passato aveva rappresentato un’estensione di successo del brand Ferragni, si trova ora a fare i conti con una domanda in forte calo. La drastica riduzione del prezzo potrebbe essere un tentativo di liberarsi delle scorte invendute, ma rischia di danneggiare ulteriormente l’immagine di lusso e esclusività che il marchio aveva costruito negli anni.

La crisi non si limita ai prodotti a marchio Ferragni. Anche le collaborazioni con i grandi brand, che in passato avevano rappresentato una fonte importante di introiti e visibilità per l’influencer, stanno subendo un contraccolpo. Aziende come Pigna, Safilo e Pantene hanno rescisso i loro contratti di licenza con Ferragni.

Questa fuga dei marchi è particolarmente significativa perché mette in luce come l’associazione con Chiara Ferragni, un tempo ambita e ricercata, sia ora percepita come un potenziale rischio reputazionale. La pubblicità “gratuita” che deriva dalle controversie che circondano l’influencer non è più vista come un vantaggio, ma come un possibile danno per l’immagine delle aziende partner.

Vogliamo parlare di Chiara Ferragni che fa pubblicità occulta (assenza di #adv, supplied e quant’altro) a marche come Prada, Miu Miu, Adidas?” – chiede una utente a Selvaggia Lucarelli che però risponde “No, nessuno di questi marchi la sta pagando. Anzi, da quello che so non sono neppure tutti felicissimi di questa pubblicità non richiesta. Il problema è non riuscire a trovare una identità fuori dal mondo in cui se non hai un brand riconoscibile addosso non sei nessuno“.

Di fronte a queste sfide, il futuro del brand Ferragni appare incerto. La società Fenice, che gestisce il marchio di abbigliamento, ha smentito di essere alla ricerca di nuovi azionisti, ma la situazione finanziaria rimane delicata. La caduta dei ricavi, stimata intorno al 40%, richiede un apporto di capitale di circa 6 milioni di euro per stabilizzare la situazione.

Inoltre, emergono tensioni interne alla gestione aziendale. Il socio Pasquale Morgese, che detiene il 27,5% del capitale di Fenice, ha recentemente mosso contestazioni legali sulla gestione della società, aggiungendo un’ulteriore layer di complessità alla già difficile situazione.